Iva “occulta” ovvero l’indetraibilità sugli acquisti di beni e servizi. La definizione è della Commissione Europea, nonché della Corte di Giustizia europea e del Comitato economico e sociale europeo. Tradotto nella pratica si tratta dell’Iva che diventa un maggior costo per i soggetti che esercitano un’attività esente come, appunto, gli enti ospedalieri ed enti sanitari. Quindi il soggetto finale quando acquista beni e servizi paga il prezzo comprensivo dell’Iva (che può essere piena – 22% – oppure ridotta – 4%, 5% e 10%).
Il tema è stato al centro di un evento dal titolo “Neutralità dell’Iva in sanità” che si è svolto lo scorso 14 febbraio presso l’Istituto Luigi Sturzo a Roma ed ha incentrato il dibattito sulla questione degli acquisti effettuati dalle strutture sanitarie che rientrano in questa particolare fattispecie. Concretamente, tali enti non possono quindi detrarre l’Iva per l’acquisto di beni sanitari, servizi ed attrezzature sanitarie. Oggi il tema è quanto mai attuale in quanto va associato, tra l’altro, alle generazioni di valore con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).
Ben sappiamo che i fondi sono dati in una logica di definizione di specifiche priorità, ma queste non necessariamente esauriscono le reali necessità della struttura (es. fondi PNRR per le tecnologie «pesanti» come Rmn o Pet, ma non per ammodernare le sale operatorie o le tecnologie robotiche).
Inoltre, mancano molte competenze tecnico-professionali che vanno reperite, per rendere efficaci gli interventi previsti, attraverso il ricorso al mercato di servizi professionali ed anche attraverso formazione specialistica di settore.
Questa carenza di copertura (fondi PNRR) di “fattori” che servono alla struttura sanitaria potrebbe essere finanziata attraverso una revisione dell’Iva occulta che, liberando risorse, consentirebbe di compensare questi costi, tanto più che sarà necessario un maggiore investimento in risorse umane, soprattutto infermieristiche, in un sistema di finanziamento del Fondo sanitario Nazionale che continua ad essere vincolato e limitato.
Occorre pertanto sollecitare il mondo della politica a riflettere e intraprendere la strada del superamento di questo sistema considerando che:
A – quanto liberato con il superamento dell’Iva occulta (o in seconda istanza una aliquota omogenea al 4%) deve rimanere nel comparto della sanità
B – deve essere utilizzato per:
a) adeguare le strutture, i servizi, le innovazioni che sono strumentali agli investimenti previsti dai fondi del PNRR
b) investire in formazione interna, soprattutto per quelle figure tecniche di supporto per il funzionamento in senso strategico dell’ente sanitario
c) definire al meglio alcuni fabbisogni di innovazione tecnologica e investire in queste realtà produttive
d) valutare attentamente i fabbisogni di personale e adeguarli
Già nel 2015 Federsanità si era occupata del tema attraverso un gruppo di lavoro che mirava ad affrontare il tema dell’IVA occulta nella sanità pubblica. I principali risultati che emersero dalla consultazione, ancora attuali, evidenziarono che l’indetraibilità produce i seguenti effetti:
a) ostacolo agli investimenti pubblici e quindi all’ammodernamento dei servizi erogati
b) freno alle acquisizioni di servizi altamente specialistici e tecnologici, compresi gli investimenti informatici.
Sono state effettuate alcune analisi quantitative sull’incidenza dell’Iva occulta nelle strutture sanitarie pubbliche. Ad eccezione delle strutture ad alta intensità di lavoro e scarsamente tecnologiche (es. residenze Alzheimer), è quasi sempre compresa tra il 4% ed il 10% circa dell’area di acquisizione di beni e servizi, che pesa circa il 50% dei bilanci globali delle Aziende.
Federsanità si augura che le Regioni e il Governo vorranno intraprendere la strada di un appello europeo per una diversa policy, in un momento di profonda revisione ed investimento sulle politiche sanitarie di tutti i paesi europei.