Si è aperta una nuova stagione nella quale la PA e le sue persone sono al centro del cambiamento. Ne abbiamo parlato oggi presentando la nona edizione di FPA Annual Report, la pubblicazione che analizza i principali fenomeni di innovazione che hanno interessato la PA negli ultimi 12 mesi e anticipa le prospettive per il 2024. Tanti i progressi, ma tante anche le debolezze ancora da superare. Ma cosa ne pensano i cittadini? Il 64% di chi ha avuto contatti con la PA è soddisfatto della sua esperienza e aumenta rispetto allo scorso anno chi lo ritiene un posto di lavoro attrattivo e professionalizzante
Migliora la percezione degli italiani nei confronti della PA, vista sempre di più come soggetto protagonista nei processi di trasformazione del Paese. La maggioranza dei cittadini (il 64%) che hanno avuto relazioni con la pubblica amministrazione negli ultimi due mesi si ritiene soddisfatto dell’esperienza. Nel valutare la PA, i primi tre aggettivi utilizzati sono “competente” (per il 24%), “efficiente” (20%) e “digitale” (19%). Nel contempo, cresce l’attrattività del settore pubblico come datore di lavoro: a 7 italiani su dieci interessa un impiego nella PA, non solo per il “posto sicuro”, ma anche per la qualità della proposta professionale. È quanto emerge da Barometro PA, la ricerca da noi realizzata su un campione di 500 cittadini rappresentativo della popolazione italiana, illustrata oggi in occasione dell’evento di presentazione del 9° FPA Annual Report, la pubblicazione che racconta i principali fenomeni in atto nella PA e i futuri scenari di innovazione.
Secondo Barometro PA, su una media di un 64% di cittadini soddisfatti della PA (di cui il 12% molto e il 52% abbastanza), i giovani 18-34enni sono più positivi rispetto alle fasce di età superiori (81%), chi ha un diploma o una laurea più di chi ha titoli di studio inferiori (88% i soddisfatti in entrambi i livelli di istruzione). Tra le aree geografiche, i più soddisfatti sono gli abitanti del Centro Italia (79%) e del Nord ovest (77%), meno quelli del Sud (54%) e Nord est (46%). Valutando le opportunità di impiego per sé o un familiare, la maggioranza dei cittadini è interessata a un lavoro nella PA: il 43% perché pensa che garantisca sicurezza e stabilità professionale, dato stabile rispetto a un anno fa; il 30% perché ritiene che offra un contesto lavorativo importante e professionalizzante, e questo è invece un dato in crescita di 8 punti rispetto al gennaio 2023. Mentre è sostanzialmente invariata la quota di chi non vorrebbe la PA come datore di lavoro (il 18%) e cala di 7 punti chi non ha un’opinione (10%).
“Il 2023 ha rappresentato una nuova stagione per la centralità assunta dalle persone dentro la PA, percepite come attori di primo piano per il cambiamento del Paese. Ci stiamo lasciando finalmente alle spalle la visione della macchina pubblica come fardello – commenta Gianni Dominici, Amministratore delegato di FPA -. L’Annual Report descrive una PA più consapevole del ruolo centrale riconquistato, una PA che nel 2023 ha navigato veloce ma controvento. Per migliorare la navigazione, oltre a semplificare le procedure, a ridisegnare i concorsi, a puntare su digitalizzazione e formazione, è necessario anche sostenere il nuovo interesse nei confronti della PA cambiandone la narrazione, facendo emergere persone e progetti virtuosi. Dobbiamo adottare nuovi modelli organizzativi basati sull’ascolto, per valorizzare le energie dei giovani talenti e rispondere a un cambiamento sempre più veloce, come ci dimostra la rivoluzione portata dall’Intelligenza Artificiale”.
“Di fronte alle tre forti disuguaglianze del nostro Paese, rappresentate dal divario generazionale, di genere e geografico, le amministrazioni pubbliche devono prendere sempre più coscienza del loro ruolo decisivo nel creare coesione, giustizia sociale e ambientale – aggiunge Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA -. Per riuscirci, però, è necessario rafforzare la PA: bisogna assumere nuove forze, farlo presto e bene. E poi, oltre ad attrarre i talenti bisogna saperli trattenere, perché il rischio è che lascino il posto pubblico dopo breve tempo, trovando nel privato non solo una migliore retribuzione ma anche maggiori occasioni di crescita professionale. È quindi necessaria una vera e propria ‘metamorfosi’ delle amministrazioni, per una migliore gestione del personale, basata sul rispetto e l’attenzione alle persone, una coerente innovazione organizzativa e una pervasiva trasformazione digitale”.
“Anche la PA deve essere protagonista della ‘transizione 5.0’, il nuovo paradigma che integra automazione avanzata, collaborazione uomo-macchina e sostenibilità, nato dalla necessità di ripensare lo sviluppo e i modelli di business verso una maggiore sostenibilità sociale e ambientale – afferma Andrea Rangone, Presidente di DIGITAL360 -. Per riuscirci, deve mettere al centro le persone, sia i dipendenti pubblici che spesso soffrono un’organizzazione basata più sulle regole che sulla valorizzazione delle potenzialità di ciascuno, sia gli utenti dei servizi. La PA poi deve diventare più sostenibile, riducendo il consumo di energia, comprando prodotti e servizi ecocompatibili, efficientando gli edifici e promuovendo comportamenti virtuosi da parte dei dipendenti. E deve potenziare la resilienza, sviluppando attività e organizzazioni più solide e meglio preparate a far fronte ai malfunzionamenti”.
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Il 2023 è stato l’anno delle grandi riflessioni sull’attrattività della pubblica amministrazione, che nell’ultima rilevazione registra una piccola crescita degli occupati. Per il 2022 la stima del numero dei dipendenti pubblici è di 3,27 milioni, +0,8% rispetto al 2021, in crescita ma ancora sotto la media dei principali Paesi: in Italia ci sono 5,5 impiegati pubblici ogni 100 abitanti, mentre sono 6,1 in Germania, 7,3 in Spagna, 8,1 in UK, 8,3 in Francia. In Italia si contano 14 dipendenti pubblici ogni 100 occupati, contro i 16,9 in UK, i 17,2 in Spagna, i 19,2 in Francia.
Nel futuro, le stime parlano di oltre 150mila persone assunte all’anno per i prossimi 5 anni, parallelamente al milione di dipendenti pubblici che andranno in pensione entro il 2033. Ma si affaccia il fenomeno delle rinunce: mediamente due vincitori di concorso su dieci hanno rinunciato al posto, con punte del 50% per quelli a tempo determinato. A questo si collega il fenomeno dei plurivincitori: nell’ultimo biennio il 42% dei candidati ha partecipato a più concorsi e il 26% è risultato idoneo in almeno due graduatorie.
Intanto, la PA diventa sempre più anziana. Nel 2021 l’età media del personale stabile era di 50,7 anni (49,9 anni per gli uomini, 51,4 per le donne). Nel 2001 era di 44,2 anni. L’età media di entrata è passata in vent’anni da 29,3 a 34,3 anni. Gli impiegati pubblici con meno di trent’anni sono il 4,8%, si riducono al 3,6% solo tra il personale stabile. La PA è in maggioranza formata da donne, il 58,8% del totale, ma solo il 33,8% ricopre posizioni apicali. Inoltre, le donne guadagnano in media circa 10mila euro in meno degli uomini.
Nel 2023, oltre ai fondi del PNRR, sono avvenuti tre fenomeni importanti: è terminata la spesa dei fondi strutturali 2014-2020, sono stati avviati i Programmi nazionali e regionali previsti dall’Accordo di partenariato 2021-2027 firmato da Italia e Commissione Europea, è stato ridefinito dal Governo l’impianto della governance delle politiche di coesione verso una forte integrazione e accentramento tra fondi strutturali e PNRR. Come accade all’avvio di ogni nuovo ciclo di coesione, ci si chiede se saremo in grado di spendere le risorse disponibili nei tempi previsti senza accelerazioni dell’ultima ora. A questo scopo, nell’Accordo di partenariato 2021-2027, l’Italia e la Commissione europea hanno previsto misure e strumenti ad hoc, come i Piani di Rigenerazione Amministrativa (PRigA) e il CapCoe, un nuovo programma nazionale. In questo contesto, il 30 novembre scorso è partita la procedura per più di duemila nuove assunzioni in sette Regioni del Mezzogiorno per migliorare l’attuazione della politica di coesione e la capacità di spesa dei fondi europei e nazionali.
Nel 2023 sono proseguiti i grandi progetti-Paese per la PA digitale, anche se quasi tutte le piattaforme nazionali hanno conosciuto tassi di incremento più bassi del recente passato. A fine anno le identità SPID hanno raggiunto 36,8 milioni, +10% rispetto a inizio anno (era il +22% nel 2022), evidenziando un rallentamento fisiologico, mente le Carte d’identità elettroniche sono 41,2 milioni, +26% (come nel 2022). Cresce PagoPa, che a dicembre 2023 registra 386,3 milioni di transazioni nel corso dell’anno, per un valore di 83,5 miliardi di euro, +16% rispetto al 2022. E anche l’appIO, che ha raggiunto 36,5 milioni di download, +13%, più basso del +30% 2022. Ma cresce anche l’adozione da parte della PA. A fine 2023 le amministrazioni con autenticazione tramite SPID ai servizi digitali sono poco più di 16.900, +4.600 rispetto a fine 2022, quelle con l’accesso “Entra con CIE” più di 7.300, circa 1.100 in più rispetto all’anno precedente, quelle attive su appIO più di 15.600 (+31% rispetto a inizio anno), con circa 276.000 servizi esposti (+61%).
La digitalizzazione della PA (M1.C1.1) si conferma tra le componenti più solide del PNRR, con meno criticità in termini di scadenze rispettate, soprattutto per le misure rivolte al territorio. Su oltre 22.300 potenziali beneficiari, circa 17.000 amministrazioni (quasi tre quarti) hanno ottenuto fondi, per circa 2,4 miliardi di euro. In prima linea i Comuni, che assorbono 1,9 miliardi di euro, già assegnati, con tassi di adesione alle misure molto elevati: il 99% delle città ha ottenuto finanziamenti su almeno una misura di PA Digitale 2026. Buoni anche i tassi di adesione di altre realtà locali, come ASL (86%) e scuole (91%).
Nel 2023 il tema dello sviluppo sostenibile è tornato nell’agenda politica e nel dibattito pubblico del nostro Paese. Un segnale concreto è stata l’introduzione del Nuovo Codice degli appalti pubblici in vigore dal 1° luglio di un unico articolo che dà conto l’importanza dei CAM (Criteri Ambientali Minimi) e dei Criteri sociali da contemplare nei bandi e negli avvisi pubblici. Un cambio di passo importante a fronte dei ritardi che ancora sconta il settore. A confermarlo sono i dati del VI Rapporto dell’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente-Fondazione Ecosistemi. In termini di competenze, la formazione del personale è un’abitudine consolidata per il 63% dei capoluoghi, ma ancora un’azione limitata a un residuale 23% nei Comuni italiani. Anche se il 100% dei Comuni capoluogo afferma di conoscere il Green Public Procurement, l’applicazione dei suoi criteri in alcuni casi è ancora sfidante.
Nella Sanità è forte il processo di impoverimento del capitale umano. Il fenomeno più evidente è il rapido invecchiamento del corpo medico e infermieristico. Negli ultimi due decenni la quota di medici over 55 è passata dal 20% del 2000 al 56% nel 2019, l’Italia è l’esempio più eclatante in ambito europeo. Inoltre, nel 2019 il 20% di tutti i medici ha più di 64 anni. Mentre il basso numero di infermieri (6,3 infermieri ogni 1.000 abitanti, dato sotto la media UE-27) si accompagna ad un basso numero di studenti che ogni anno si laureano in questa disciplina: nel 2020 meno di 17 per 100.000 abitanti, a fronte di oltre 40 per 100.000 in Danimarca, Svezia e Germania. A questo si aggiunge la fuga all’estero dei giovani professionisti sanitari: secondo la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, ogni anno 1.000 medici scelgono di andarsene. In questo contesto difficile, il 2023 restituisce un settore in grande trasformazione, grazie soprattutto agli obiettivi e alle risorse del PNRR, con cantieri aperti nei diversi ambiti: la territorializzazione degli interventi di assistenza sanitaria (Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali, Ospedali di Comunità); l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del settore (il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero, la formazione necessaria). L’esito di questi cantieri nei prossimi mesi determinerà o meno il recupero di un settore attualmente in crisi.
Anche la scuola appare un ambito segnato da problemi di lungo corso e che deve, quindi, sfruttare al meglio le opportunità di cui improvvisamente dispone grazie alle risorse PNRR. Guardando ad esempio il Rapporto OCSE “Education at a glance 2023”, vediamo che in Italia il 22% dei giovani non ha un diploma di istruzione secondaria superiore (contro il 14% nell’area OCSE) e la percentuale di Neet è al 16,3% (contro il 9,9% dei paesi OCSE). I livelli di dispersione scolastica in Italia sono poi ancora troppo alti, con uno svantaggio molto accentuato nel Mezzogiorno. In Sicilia l’abbandono scolastico si attesta al 21,1%, in Puglia al 17,6%, in Campania al 16,4% e in Calabria al 14%. Considerando anche la dispersione scolastica implicita, a livello nazionale la popolazione studentesca che si trova in condizione di fragilità degli apprendimenti supera il 20%. Inoltre, aumenta il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: secondo il Sistema informativo Excelsior 2023 (Unioncamere-Anpal) nel 45% dei casi le aziende non trovano il personale che cercano. A fronte di questo contesto, il 2023 ha visto diverse iniziative – come il Piano di semplificazione per la Scuola e l’avvio della piattaforma Unica, le Linee guida per le discipline Stem e la nomina dei docenti tutor e orientatori – il cui obiettivo di fondo è costruire una scuola basata sulla personalizzazione dell’insegnamento e degli apprendimenti, mettendo al centro le persone.