Elisabetta Cosci: la Riforma dell’Ordine dei Giornalisti

Federsanità

La Riforma dell’Ordine dei Giornalisti è il tema centrale in un programma di rinnovamento reale della professione e della sua funzione sociale

Sono rammaricata di non poter essere con voi per questo importante appuntamento a causa di un
fastidioso problema di salute che spero di risolvere in tempi brevi. Affido pertanto all’amica e
collega Manuela Astrologo questa mia breve riflessione sul lavoro che stiamo riavviando in questa
fase di inizio consigliatura dell’Ordine Nazionale dei giornalisti.

Ridefinire una mappa dei profili professionali

A breve partirà, nell’ambito del consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, un nuovo gruppo di lavoro che avrà il compito di lavorare nello specifico sulle questioni che riguardano gli uffici stampa. Occorre ridefinire una mappa dei profili professionali e dei nuovi percorsi di accesso, formazione, competenze e qualifiche, considerando anche gli aspetti contrattuali e contributivi e definendo i confini tra informazione e comunicazione.
L’apertura a nuovi soggetti significa guardare con realismo alla trasformazione digitale e ai riflessi
sulle nuove figure professionali richieste dal mercato, pubblico e privato. La definizione del lavoro
giornalistico e il suo inquadramento si basano ancora sulla legge 69 del 1963, ormai totalmente
anacronistica e inadeguata. Attualmente l’attività giornalistica, per essere riconosciuta
dall’Ordine, deve essere svolta in una testata regolarmente registrata. Il superamento di questo
vincolo potrebbe porre diversi interrogativi, ma ormai è impossibile continuare a ignorare il tema.
Siamo consapevoli che vi sono sempre più “giornalisti di fatto” ai quali occorre consentire
l’ingresso nella professione, a fronte di adeguati percorsi formativi e del rispetto della deontologia,
come garanzia di qualità, a fronte di un ecosistema digitale, sostanzialmente privo di regole per i
professionisti del settore. Sono ovviamente compresi tutti coloro che svolgono l’attività di ufficio
stampa soprattutto nel privato, ai quali va consentito l’accesso all’albo anche stabilendo – in
autoriforma
– nuove “linee di indirizzo”, in attesa dell’auspicabile revisione della normativa.

La revisione della legge 150 del 2000

Continuiamo per convenzione ad usare il vecchio termine “ufficio stampa” anche se oggi le nuove
strutture informative operano in un’ottica di comunicazione integrata e multicanale (social
compresi
), dove operano social media manager, comunicatori digitali, portavoce e dove talvolta è
il giornalista stesso a ricoprire tutti questi ruoli. Occorre quindi valorizzare e riconoscere questi
nuovi profili. In essi i giornalisti sono chiamati a svolgere un ruolo a garanzia di affidabilità e
professionalità
, in grado di rispondere alle nuove esigenze della comunicazione digitale, portando
il loro valore aggiunto fatto di autonomia e deontologia. A chi vi lavora deve essere riconosciuto lo
status e il relativo inquadramento contrattuale, anche quando opera in più ampie strutture
comunicative. Occorre che l’Ordine contribuisca anche ad una proposta di revisione della legge
150 del 2000
della comunicazione pubblica, una legge incompleta, spesso disattesa e mai
pienamente attuata. La figura del giornalista (presente e futuro) è centrale per garantire
trasparenza e qualità dell’informazione ai cittadini. In una recente proposta governativa di una
“legge 151” si configura un modello di comunicazione pubblica dove il giornalista rischia di
ritrovarsi emarginato. E’ necessario porre attenzione alle trasformazioni avvenute
nell’ordinamento giuridico in relazione al cambiamento della Pubblica Amministrazione. Si sono
consolidati, nel tempo, enti la cui natura giuridica li pone ambiguamente a metà strada tra natura
pubblica e privata. Ci sono molti soggetti che sfuggono ad una applicazione della legge 150 per la
loro natura ibrida: Enti autonomi, Partecipati, Consorzi pubblici o a partecipazione pubblica,
Agenzie statali e parastatali, Enti pubblici economici e non economici (parastatali), Consorzi,
Fondazioni e via dicendo. Soggetti che operano a tutto campo: dai servizi pubblici, allo sport, allo
spettacolo e alla cultura, dalla ricerca alle attività produttive. Anche in questi deve essere definito
l’obbligo della presenza giornalistica nella filiera della comunicazione, con relativo contratto.

La contrattualizzazione dei giornalisti

Occorre elaborare una proposta in grado di incoraggiare la contrattualizzazione di giornalisti anche
all’interno di uffici stampa a partecipazione pubblica o privati. Ipotizzando incentivi sotto forma di
contributi diretti o indiretti, con un meccanismo in qualche modo analogo a quello della legge 416
del 1982. Inoltre, occorre orientare i bandi pubblici e quelli delle società partecipate e “ibride”,
anche di natura privatistica, in modo che prevedano le attività di comunicazione relative allo
svolgimento delle azioni progettuali attraverso figure professionali competenti che abbiano
compiuto un percorso adeguato, per essere iscritte all’Ordine dei giornalisti. Questo dovrebbe
avvenire in tutti gli ambiti possibili, nella progettazione europea, nazionale, regionale e comunale;
prevedendo incentivi nei punteggi al fine della loro approvazione. Ovviamente queste sono una
sintesi di riflessioni e proposte condivise con colleghi con i quali in questi anni abbiamo lavorato in
specifiche commissioni o gruppi di lavoro dedicate.

Elisabetta Cosci
Consigliera Ordine Nazionale dei Giornalisti, delegata alla comunicazione e ufficio stampa.
Commissione giuridica e commissione speciale per la Riforma
.